di Iolanda Richichi
Ultimo aggiornamento:26/01/2017 15:19:18
Tre grandi contenitori in
pietra arenaria serena scolpita in blocco unic
o, lunghi da 3 a 4,60 metri e profondi poco meno di uno, che da anni
affascinano studiosi e curiosi da tutto il mondo.
Non solo la tv nazionale, ma anche documentari e trasmissioni straniere hanno dedicato ampio spazio filmando il prezioso
"tesoro nascosto" conservato nel sottosuolo dell'Ospedale, attratti dalla suggestiva storia che le stesse sarebbero state utilizzate da Leonardo da Vinci per dissezionare i cadaveri ai fini dei propri studi anatomici, da cui l'appellativo
"vasche di Leonardo".
E se effettivamente il grande eclettico scienziato ed artista condusse per 6 anni i propri studi presso Santa Maria Nuova (fra il 1502 e il 1508), arriva oggi
uno studio curato da Esther Diana che sfata la
leggenda leonardesca legata ai tre manufatti lapidei. Un suggestivo racconto, alimentato sicuramente dall'
assenza di fonti documentarie che ne precisassero l'effettivo utilizzo.
Le vasche di Leonardo tra realtà e ipotesi, edito da Polistampa, ci offre invece oggi, attraverso i risultati di riscontri archivisti e analisi scientifiche, nuovi scenari, nuove strade interpretatite che possano
meglio chiarire non solo le loro
origini, certamente anteriori all'epoca leonardesca, ma anche avanzare ipotesi più concrete legate alle loro possibile funzione.
Le idee avanzate protenderebbero verso un
utilizzo manufatturiero, riconnettendone l'uso a vasche da tinta, destinate alla lavorazione della lana, attività particolarmente viva nel quartiere circostante Santa Maria Nuova dove era possibile trovare molte botteghe afferenti all'Arte della Lana, o le descriverebbero come
depositi di derrate alimentari.